
22 Giu – La mia gente ha già perso
Ieri sera non ero davanti allo schermo a guardare Sanremo.
Lo ammetto, l’ho totalmente rimosso.
Ieri sera ero seduta ad un tavolo, in una piccola casa, con una piccola donna, a parlare.
Mi ha raccontato un po’ di episodi della sua vita. Parole e ricordi essenziali e netti, fatti di azione e inconsapevole forza ad andare avanti. Sempre e comunque.
Belgrado prima della guerra è l’origine da cui inizia una vita che vuole e – a denti stretti e con rabbia – si prende quello che il mondo intorno pare non darle. E’ bella la piccola donna e tiene celata in un viso di preoccupazioni, una sfumatura di furba innocenza. E’ piccola, sì, ma ha una specie di aurea intorno che ne fa una donna gigante!
Penso a lei da ore, poi penso a me. Penso alla mia gente, al mio paese, alla Grecia, all’ex Jugoslavia così vicina e lontana. Penso all’America, lontana eppure vicinissima. Penso alla forza devastante che si possiede quando non si ha niente da perdere, quando l’obiettivo è arrivare a guadagnare il necessario, oppure quando il sogno è quello di una vita fuori dalla straordinarietà di una guerra. Penso alla forza che si sprigiona quando ad essere messo in pericolo è il motore, il vero motore che muove una realtà o un popolo. Spesso è il pane, a volte sono le rose, altre volte sono i valori – parola dal senso ormai perduto – che stanno un po’ più in alto della sopravvivenza ma che le donano senso. Mi chiedo quali siano ormai – se ci sono – i valori della mia gente.
Penso che la mia gente abbia già perso. Da decenni. Abbindolata e narcotizzata dalle luccicanti prospettive di felicità del benessere e del consumo, è incapace di rinunciarvi pur avendo intravisto il vuoto disperante dietro la facciata. Ci siamo venduti per due caramelle e qualche cioccolata, diceva mio padre raccontando la venuta degli americani alla fine della seconda guerra mondiale. Ed in un certo senso, è così. Abbiamo buttato dalla finestra la vecchia madia di legno vivo, antico ma ancora vivo di tradizioni e storie, per un moderno scaffale in compensato farlocco.
Ora che il sogno è alla fine, ora che ci stanno togliendo ad uno ad uno i diritti e le tutele che ormai davamo per scontati, ci chiudiamo su quel poco che ci rimane, per non vedere e sentire il meno possibile. Il mondo sta cambiando velocemente e noi cerchiamo di portare a termine la nostra quotidianità di routine, prendendocela ferocemente contro ogni ostacolo o imprevisto che ci tagli la strada portando dentro il “fuori” minaccioso ed oscuro. Così, si pongono le basi per quella guerra fra straccioni che ci viene così bene!